Ripieno di pane raffermo rigorosamente sciocco e tante spezie dosate in modo che nessuna prevalga.
Per l'impasto non solo uova e farina, ma anche acqua, così da renderlo più robusto e creare un piacevole contrasto con l'interno morbido.
E la forma? Rigorosamente a mezzaluna.
Ecco l'identikit del vero tordello alla lucchese, il piatto principe della nostra tradizione.
A tratteggiarlo un gruppo di esperti riuniti ieri al Real Collegio in occasione del Desco: gli studiosi dell'Accademia italiana della cucina, uno dei promotori dell'incontro, le cuoche del Club Fornello di Lucca, agronomi, enologi, amministratori. E tanto pubblico, accorso non solo per assaggiare i tordelli preparati dalle “Fornelle”, ma anche per ascoltare storie e curiosità riguardo a questo piatto tipico e amatissimo.
Uno dei piatti principe della cucina lucchese è protagonista degli appunatamenti al Desco: sabato 8 dicembre si parla di “Storia e tradizione della cucina tipica lucchese: il tordello” con il presidente della Camera di commercio Giogio Bartoli, Samuele Cosentino della Commissione Desco per poi passare alla "dimotrazione" con lo show cooking tenuto dalla delegazione lucchese del Club del Fornello- Rivalta ed alla relazione “storia e tradizione del tordello” a cura della sezione di Lucca dell’Accademia italiana della cucina.
Un punto di vista sicuramente originale perché raramente si è sentito parlare dei trascorsi o degli antenati del tordello.
Sull'argomento la sezione locale dell'Accademia della cucina ha preparato un piccolo volume. Così, mentre la sala del Grano si riempiva di aromi stuzzicanti per la preparazione del piatto, si veniva a sapere che tordello è un termine usato solo dai lucchesi, dai viareggini e dai lunigianesi, mentre fuori da questi territori si chiama tortello. Perché la t è diventata d? «Non è chiaro – riferiscono Andreini e Domenici – Forse deriva dal detto toscano “grasso come un tordo” per definire una persona robusta: i tordelli, infatti, hanno forma e consistenza piuttosto grossa e corposa rispetto a quelle classica».
In ogni caso la dizione "tordello" fu diffusa dopo il 1700, poiché nei menu dei pranzi di Palazzo nella Lucca settecentesca figura ancora il termine "tortello".
Il "concept", comunque, ha origini antiche. Il nome deriva dal latino torquere, cioè girare, e le antenate sono piccole torte farcite del Medioevo.
Invenzione della cultura e della cucina di quell'epoca, le tortelle fecero la loro comparsa un po' dovunque: dapprima solo nei grandi pranzi, poi anche sulle mense del popolo per rendere commestibili verdure altrimenti troppo amare o pezzi poco nobili di carne oppure per riutilizzare gli avanzi. Dalle torte salate ai tortelli il passo è stato breve.
Con la variante dei ravioli, nati in Liguria – sempre in età medievale, secondo quanto riportano Andreini e Domenici - nella locanda della famiglia Raviolo, da cui presero il nome. Gli autori invitano a non fare confusione tra i due piatti: «Il raviolo è in genere quadrato, più raramente tondo. Il tortello è per lo più rettangolare, con varie eccezioni».
Come la caratteristica mezzaluna del tordello lucchese: il tondo di pasta, tagliato con il bicchiere rovesciato o con uno stampino, viene piegato sul ripieno e i bordi schiacciati con i rebbi della forchetta per evitare che, cuocendo, il ripieno esca. Della ricetta base pochi gli altri punti fermi: l'equilibrio delle spezie utilizzate, la giusta dose di farcitura (né poca né troppa), la consistenza dell'impasto (fatto con un minor numero di uova), un sugo di carne ben tirato per il condimento.
E un pizzico di talento.
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